Alopecia areata

L’alopecia areata è molto frequente, ha spesso remissione
spontanea ed è caratterizzata dalla improvvisa comparsa
di chiazze prive di peli, di forma per lo più rotondeggiante,
di numero e di dimensioni variabili. Non mostra particolare predilezione
di sesso e colpisce soprattutto soggetti di razza caucasica ed
orientale. L’alopecia areata può esordire a qualsiasi età,
ma sembra più frequente e nell’infanzia e nella adolescenza,
comune nell’età adulta e rara nell’anziano.

Etiologia

L’etiologia della malattia è ancora ignota. Esiste
indubbiamente una predisposizione genetica familiare e
nei gemelli monozigoti si presenta solitamente alla stessa età
e con gli stessi aspetti clinici.

E’ stata sottolineata la alta frequenza di antigeni, del sistema
maggiore di istocompatibilità, HLA-DR4 e HLA-DR5 in pazienti
affetti da alopecia areata (Orecchia G.). Il sottotipo DPW4 sembra
rappresentare il substrato genetico per una maggiore suscettibilità
ad ammalarsi di forme gravi.

Il ruolo svolto da fattori emotivi e caratteriali è
ancora discusso. e molti pazienti presentano sicuramente tratti
nevrotici della personalità di gravità variabile.
La nostra personale esperienza ci fa affermare che questi pazienti
hanno spesso disturbi del sonno e comunque dormono molto poco,
anche se talvolta sono restii ad ammetterlo. L’alopecia areata
è comune in chi la notte lavora come nei guardiani notturni
e nei disc jockey ed è comunissima in chi ha per lavoro
altera continuamente il ritmo giorno-notte, luce-buio, sonno-veglia
come i turnisti in terza o in quinta; tanto che, a nostro parere,
potrebbe configurarsi come malattia professionale.

Nell’ultimo decennio numerosi dati clinici e sperimentali hanno
mostrato la sensibilità del sistema immunitario nei confronti
di eventi emozionali e stressanti e la possibilità che
questi possano influenzare sia l’immunità cellulomediata
che anticorpomediata.

E’ difficile capire perché l’alopecia è areata!
Il follicolo è tanto più suscettibile ad una noxa
patogena quanto maggiore è la sua attività mitotica.
L’evento patogeno che provoca la caduta di capelli nella alopecia
areata colpisce solo i follicoli in anagen, che è la fase
più vulnerabile del ciclo.

Nella alopecia areata si osserva che i follicoli colpiti mantengono
l’attività ciclica senza però riuscire a completare
la loro fase di crescita (Messenger A.G.). Si è ipotizzato
che l’alopecia areata colpisca solo i follicoli che si trovano
simultaneamente in quella sottofase dell’anagen con la più
alta attività mitotica. La distribuzione topografica dei
follicoli in questa fase, al momento dell’evento patogeno, condizionerebbe
la forma della chiazza (Rebora A.).

Questa ipotesi è suffragata dal riscontro clinico che l’alopecia
areata è rara nei pazienti con alopecia androgenetica,
nei quali l’anagen è di breve durata ed il ciclo follicolare
accelerato.

Oggi si è propensi a pensare che l’alopecia areata sia
fondamentalmente una malattia autoimmune a patogenesi autoanticorpale
e cellulomediata.

A sostegno di questa tesi, che rimane comunque una ipotesi, si
citano numerosi dati:

1) l’alopecia areata non è una malattia strettamente
limitata al follicolo pilifero;

2) i pazienti con alopecia areata hanno spesso autoanticorpi circolanti;

3) i reperti istologici mostrano la presenza di un infiltrato
infiammatorio linfocitario di aspetto “aggressivo” verso
i follicolo affetti dalla malattia;

4) è descritta l’associazione dell’alopecia areata con
tutte le patologie autoimmuni.

Malattie associate

Le malattie associate a patogenesi autoimmune che più
frequentemente si accompagnano alla alopecia areata sono: la tiroidite
di Hashimoto, la vitiligine, il diabete mellito di tipo I°,
il morbo di Haddison, l’anemia emolitica autoimmune, la gastrite
cronica atrofica.

I pazienti con alopecia areata presentano spesso alterazioni
dell’immunità umorale
con presenza di autoanticorpi
circolanti organo e non organo specifici, in particolare antimuscolo
liscio, nel 40% dei casi (Tosti A.).

Studi di immunofluorescenza diretta hanno dimostrato la presenza
di depositi granulari di C3, in minore misura IgG e IgM, lungo
la membrana basale della porzione inferiore dei follicoli piliferi
di molti pazienti affetti: questi depositi sono più facilmente
osservabili al bordo delle chiazze. Depositi simili, interessanti
però soprattutto la parte infundibolare, sono però
dimostrabili anche in pazienti affetti da defluvio androgenetico
e pertanto rimane dubbio se siano veramente espressione di una
azione lesiva verso il follicolo o solo un epifenomeno della normale
regolazione del ciclo follicolare (Bystryn J-C.).

Studio della immunità cellulomediata

Lo studio della immunità cellulomediata nei pazienti
con alopecia areata mostra variazioni sia del numero totale dei
T linfociti che delle sottopopolazioni linfocitarie nel sangue
periferico.

L’infiltrato peribulbare è costituito quasi esclusivamente
da T linfociti con un aumento del rapporto T helper/T suppressor.
Il rapporto Th/Ts è particolarmente alto nelle fasi di
attività della malattia.

La composizione dell’infiltrato si modifica nelle chiazze che
non sono più in fase di attività o che rispondono
alla terapia (Orkin M.). Molti linfociti T dell’infiltrato sono
attivati ed esprimono gli antigeni DR.

E’ quindi plausibile che i linfociti attivati possano “aggredire”
i cheratinociti della matrice del bulbo innescando il processo
patologico.

I linfociti T attivati hanno capacità di rilasciare linfochine
come: interferone gamma, fattore alfa di necrosi tumorale, trasforming
growth beta factor. Queste linfochine, che inibiscono la proliferazione
dei cheratinociti in vitro, potrebbero in vivo agire sulle cellule
della matrice arrestando le mitosi (Baadsgaard O.).

Un problema che è tuttora completamente oscuro è
quale sia, a livello follicolare, la cellula target della
malattia.

Alcuni autori ritengono che il danno colpisca primitivamente i
cheratinociti della matrice che danno origine alla corteccia
del pelo (Messenger A.G.).

Altri autori ritengono possibile un ruolo dei melanociti.
Questa ipotesi spiegherebbe la maggiore resistenza alla malattia
dei peli bianchi. I melanociti sono presenti a livello della matrice
del pelo solo durante la fase anagen, scompaiono quando il follicolo
entra in catagen, rimangono assenti durante tutto il telogen e
diventano nuovamente evidenti solo alla ripresa dell’attività
follicolare in coincidenza con l’anagen 4°. E’ ipotizzabile
un “dialogo” paracrino fra cheratinociti e melanociti,
la cui funzionalità verrebbe vicendevolmente attivata.
Questo aiuta anche a capire come i peli ricrescono bianchi all’inizio
della fare di risoluzione della alopecia areata (Messenger A.G.).

Alcuni autori ritengono che le cellule endoteliali del
plesso vascolare possano essere primitivamente colpite dal processo
autoimmune (Nickoloff B.J.) che determina la malattia con passaggio
dei leucociti mononucleati dai vasi agli spazi perivasali.

L’ipotesi che l’alopecia areata sia una condizione che colpisce
primitivamente la papilla dermica è invece suggerita
dal riscontro di alterazioni nei proteoglicani della matrice extracellulare
della papilla nei follicoli colpiti (Mc Donagh A.J.G.).

Personalmente riteniamo che il target della malattia possa essere
il cheratinocita o una proteina della guaina epiteliale interna
e che il danno primitivo da cui origina l’Alopecia Areata possa
essere di natura metabolica. Solo successivamente, per la presentazione
di antigeni prima coperti, si innescherebbe il fenomeno autoimmune
cellulomediato che tende a cronicizzare la malattia. Questa ipotesi
ci permette di comprendere come una Alopecia Areata possa svilupparsi
in poche ore, fatto non conciliabile, a nostro parere, con una
stretta patogenesi autoimmunitaria. I capelli (o i peli) colpiti
dalla malattia, dopo la distruzione del sistema di ancoraggio
delle guaine, cadono sia in anagen che in catagen pare cioè
che i capelli tentino, senza riuscirci, di “rifugiarsi in
telogen”, stadio i cui la noxa patogena all’origine della
malattia non può più colpirli. Questo è in
accordo con le osservazioni istologiche che mostrano un netto
aumento della quota dei capelli catagen al bordo di espansione
di una Alopecia Areata. L’autoimmunità entrerebbe in gioco
successivamente, nella cronicizzazione della malattia. Se questo
non avviene abbiamo un telogen effluvio.

Esordio

L’esordio della alopecia areata è caratteristicamente
acuto e questo fatto è, come già detto, in contrasto
con l’ipotesi di una patogenesi autoimmune “pura” della
malattia. Il paziente, o spesso chi gli vive vicino o il parrucchiere,
si accorge della comparsa di una o più chiazze tipicamente
“areate”, completamente prive di peli, circolari o ovalari.
La cute non presenta alterazioni ma talvolta può apparire
leggermente depressa, simil atrofica, oppure, al contrario, edematosa
e leggermente eritematosa.

Le chiazze di alopecia areata possono interessare qualsiasi zona
del corpo ma sono più frequenti al cuoio capelluto ed alla
barba: zone più coinvolgenti “emotivamente”.

Seppure raramente la alopecia areata può interessare solo
le ciglia, le sopracciglia, ed il pube, zone cioè con anagen
di breve durata e catagen/telogen relativamente lungo. Sul cuoio
capelluto la zona più colpita sembra essere quella parietale.
Quando la malattia si localizza in zona temporo-occipitale si
parla di ofiasi.

In base alla localizzazione ed all’estensione si suole distinguere
una alopecia in chiazze singole o multiple, una alopecia
totale
che coinvolge tutto il cuoio capelluto, una alopecia
universale
che interessa tutti i peli del corpo.

Ai margini delle chiazze in fase attiva si notano i “peli
a coda di topo
” sono peli corti, tronchi a circa 3 mm
dall’ostio follicolare, con diametro e colore che si riducono
progressivamente in senso prossimale, destinati a cadere in 1
– 2 settimane; questi stessi una volta estratti, per la loro tipica
forma, vengono detti “a punto esclamativo“: si
tratta di elementi anagen distrofici o catagen, risultati da una
alterazione transitoria del processo di cheratinizzazione e sono
patognomonici della alopecia areata. Tipico anche il “pelo
cadaverizzato
” che appare come un punto nero sulla cute
alopecica. Si tratta di un pelo che non supera l’ostio follicolare.
Quando la malattia è in fase di risoluzione sono visibili,
nelle chiazze, gli osti follicolari aperti.

I capelli bianchi sono più resistenti al “trauma”
alopecizzante ed alla malattia. Quando questa ha esordio acuto
in soggetti con capelli brizzolati, talvolta il paziente si ritrova
con i soli capelli bianchi. La relazione fra colore dei capelli
ed alopecia areata è evidenziata anche dalla predilezione
della malattia per i soggetti con capelli scuri e dal fatto che
quando i capelli ricrescono sono spesso bianchi o comunque di
un colore più chiaro di quello originario. Talvolta una
ciocca bianca può persistere per anni dopo la guarigione.

Non sempre però la malattia si presenta così, in
maniera tipica, ma può esordire con un effluvio acuto,
alopecia areata incognita, e può porre problemi
differenziali con un telogen effluvio. La presenza di capelli
in catagen o in anagen distrofico all’esame attento o al controllo
microscopico dirime i dubbi diagnostici.

La alopecia areata si accompagna soventemente anche ad alterazioni
ungueali
, a dimostrazione che la noxa patogena che colpisce
i peli colpisce anche le unghie, ma queste non appaiono correlate
con la gravità e con la prognosi della malattia di base.

I danni ungueali possono presentarsi in vario modo: il pitting
è l’alterazione più comune, si tratta di depressioni
cupuliformi disposte “a ditale da cucito” in modo geometrico.
Talvolta si osserva anche linee di Beau, probabilmente
in relazione ad una noxa patogena più forte che ha agito
in uno spazio di tempo più ristretto. In un numero limitato
di pazienti, valutato intorno al 3%,

l’alopecia areata si associa ad onicopatia grave che coinvolge
tutte le venti unghie “twenty nail distrophy” o “trachionichia
(tracus = ruvido). Nella trachionichia la lamina ungueale assume
un aspetto simile a quello di una superficie trattata con la carta
vetrata. La trachionichia è più frequente nei bambini
ed il suo esordio può precedere o seguire quello della
alopecia areata anche di anni ed il suo decorso non appare necessariamente
legato a quello della alopecia areata. La trachionichia ha comunque
andamento benigno e tende ad una lenta regressione spontaneamente
nel giro di qualche anno.

Decorso

Il decorso della alopecia areata è imprevedibile. Nella
maggior parte dei pazienti e nelle forme a chiazze i peli ricrescono
spontaneamente, ma il decorso della affezione è capriccioso,
tipicamente recidivante e le recidive sono più gravi dell’episodio
iniziale. Spesso, mentre i capelli ricrescono in una chiazza altre
chiazze si aprono in altre sedi.

Effettuando una trazione con le dita su ciuffi di capelli (pull
test) ai bordi di una chiazza attiva e “contando” il
numero dei capelli estratti si può avere un idea della
evoluzione della malattia, quando il numero di capelli che si
estraggono è elevato (5 – 15 ed oltre) è verosimile
che la chiazza stia ingrandendosi. Se il test è positivo
su tutto il cuoio capelluto è prevedibile che il paziente
svilupperà una forma severa di alopecia areata.

La alopecia areata si associa spesso a sindromi malformative o
disordini immunitari. Nei pazienti atopici l’alopecia areata
spesso esordisce nei primi anni di vita, ha un decorso molto lungo,
con molte ricadute e può evolvere verso le forme più
gravi. La sindrome di Down si associa con alta frequenza
alla alopecia areata che in questi pazienti assume un andamento
cronico con scarsa risposta alla terapia. I pazienti con sindrome
di Vogt-Koyanagi-Harada
, caratterizzata da uveite, ipoacusia,
manifestazioni neurologiche e vitiligine, presentano spesso anche
una alopecia areata. Questa sindrome potrebbe essere espressione
di un interessamento polidistrettuale dei melanociti, che oltre
che a livello dell’epidermide e dei follicoli sono presenti anche
a livello dell’uvea, dell’orecchio interno e delle meningi. Alcuni
studi hanno dimostrato che i pazienti alopecici presentano alterazioni
a carico del cristallino, del fundus ed anomalie
morfologiche funzionali dell’epitelio pigmentato retinico.
Alcuni autori hanno descritto anomalie gonadiche ed anticorpi
antigonadi a titolo significativo in pazienti giovani con alopecia
areata.

La diagnosi di alopecia areata nelle sue forme tipiche
non presenta difficoltà. Talvolta però la malattia
può presentarsi clinicamente con aspetti difficili e “mascherati”.

Come già abbiamo accennato l’alopecia areata può
esordire con un quadro senza chiazze alopeciche ma simile al “telogen
effluvium
” e si parla, in questi casi di “alopecia
areata incognita”. Un esame microscopico dei capelli che
cadono mostrerà che, nella alopecia areata, la maggior
parte degli elementi che cadono sono catagen o anagen distrofici
assottigliati nella loro porzione prossimale (a punto esclamativo),
nel telogen effluvio sono telogen maturi.

Di fronte a una chiazza alopecica localizzata a livello fronto-temporale
bisogna tenere presente la “alopecia triangolare congenita“,
così di fronte a una chiazza del vertice bisogna conoscere
la “aplasia cutis verticis” che tuttavia si differenziano
per l’assenza di peli a coda di topo (o a punto esclamativo) e
per il dato anamnestico della presenza della chiazza fin dalla
nascita.

Le chiazze di lunga durata possono porre problemi differenziali
con le alopecie cicatriziali nella fase di remissione,
con il led, il lichen, con la pseudoarea di Brocq, con le cicatrici.
Tutte queste condizioni hanno comunque un aspetto francamente
più atrofico.

Talvolta difficile ed importante è la diagnosi differenziale
con le alopecie metastatiche, frequenti specie da carcinomi
mammari, che al tatto sono però più dure ed aderenti.

L’eritema cronico migrante è molto simile, nelle
sua fase di estensione, alla alopecia areata ma al centro della
chiazza è comunemente visibile la necrosi cutanea dovuta
alla pinzatura di zecca.

La tricotillomania si distingue per l’aspetto spesso “bizzarro”
delle chiazze, la presenza di peli spezzati e di colpi d’unghia.

Prognosi

La prognosi della alopecia areata è difficile e variabile
da soggetto a soggetto. Si può affermare che è in
relazione all’età di insorgenza, alla familiarità,
alla superficie coinvolta, alla durata, alla presenza di atopia
e di altre malattie autoimmuni, alla risposta a precedenti trattamenti.

La guarigione delle forme a chiazze è generalmente sicura
e spontanea. la prognosi peggiore è legata alle forme totali,
universali, ad all’ofiasi ma la guarigione spontanea è
comunque sempre possibile.

Ancora oggi può essere considerata valida, soprattutto
dal punto di vista prognostico, la classificazione di che
divide l’alopecia areata in quattro tipi:

tipo comune, molto frequente, tipico della tarda adolescenza
o dei primi anni della vita adulta, ha decorso inferiore a 3 anni,
la regressione delle chiazze avviene comunemente in meno di 6
mesi, non vi è nessuna associazione significativa con malattie
atoimmuni;

tipo atopico, esordisce quasi sempre nell’infanzia ha decorso
prolungato e prognosi sfavorevole. Può evolvere verso una
alopecia totale,

tipo preipertensivo, colpisce giovani adulti, con diatesi
ipertensiva ed evolve rapidamente verso una alopecia totale,

tipo autoimmune, si associa a malattie autoimmuni soprattutto
di ordine endocrinologico, esordisce comunemente dopo i 40 anni,
ha decorso persistente ed evolve nel 10% dei casi verso l’alopecia
areata totale.

L’aspetto istologico della alopecia areata varia a seconda
delle fasi della malattia. Nello stadio acuto, quando i
capelli cadono per la prima volta o al margine di una chiazza
che si sta allargando si osserva un elevato numero di follicoli
in catagen-telogen circondati da un infiltrato infiammatorio linfocitario.
I follicoli in anagen possono essere sia di dimensioni normali
con il bulbo situato nell’ipoderma che di piccole dimensioni con
il bulbo superficializzato.

Nelle chiazze alopeciche in stadio cronico, presenti da
lungo tempo, si osserva comunque una normale densità follicolare
ma i follicoli sono di piccole dimensioni. Talvolta i follicoli
appaiono istologicamente sostituiti da tratti fibrosi con quadro
simile a quello di una alopecia cicatriziale.

I follicoli, quando sono visibili, appaiono essere sia in telogen
che nelle prime fasi dell’anagen, al 3° – 4° stadio, e
sono circondati da un denso infiltrato linfocitario peribulbare
definito “a sciame d’api”.

Nello stadio di remissione, nelle aree di ricrescita iniziale,
si notano follicoli in anagen di maggiori dimensioni contenenti
un sottile fusto senza midollo. L’infiltrato linfocitario si fa
scarso o è assente.

Non esiste alcun esame di laboratorio utile ad individuare
la possibile etiologia dell’alopecia areata ma sarà opportuno
prescrivere quegli accertamenti volti ad evidenziare possibili
malattie autoimmuni associate: Emocromo, VES, Ra-test, TSH, fT4
autoanticorpi antinucleari. Talvolta un dosaggio urinario 24h
dell’acido vanilmandelico mostra valori collocabili nella fascia
alta della normalità. Per la maggior parte degli Autori
è inutile prescrivere al paziente accertamenti radiologici
per la ricerca di foci dentari e sinusali, in quanto sembra ormai
accertato che non esiste relazione fra alopecia areata e patologie
focali.

Terapia

Il decorso naturale della alopecia areata, costellato di remissioni
e recidive, rende difficile la valutazione di qualsiasi terapia.
Nella alopecia che coinvolge meno del 40% del cuoio capelluto
c’è una alta probabilità di ricrescita spontanea
dei capelli entro un anno dall’esordio, probabilità valutata
nel 40% nei bambini e nel 70% negli adulti (Tosti A.). Non è
quindi sempre opportuno instaurare trattamenti impegnativi in
questi pazienti dal momento che il rapporto rischio/beneficio
suggerisce spesso un comportamento di attesta.

Molte delle terapie comunemente utilizzate devono forse essere
considerate solo un placebo utile a dare alla malattia il tempo
necessario a risolversi spontaneamente. Fra queste ricordiamo
la crioterapia, il minoxidil, i vasodilatatori, le vitamine, gli
aminoacidi, lo zinco.

Possiamo però affermare che il placebo è
la più valida terapia della alopecia areata e l’uso di
un placebo come la crioterapia con anidride carbonica solidificata
(neve carbonica) da al paziente la misura dell’interessamento
del medico al suo caso e lo tranquillizza.

La nostra quotidiana esperienza ci dice poi che il paziente con
alopecia areata presenta costantemente disturbi della sfera affettiva,
acuti o cronici, che quasi sempre lo portano a dormire poco e/o
male e ci siamo convinti che sia utile ripristinare, anche farmacologicamente,
un sonno qualitativamente e quantitativamente sufficiente.
Ansia e depressione sono in qualche modo legate alla malattia
e la loro valida terapia costituisce il presupposto per rompere
il cerchio delle continue ricadute. Talvolta in paziente con alopecia
areata presenta disturbi psichici maggiori che dovranno essere
opportunamente trattati. Saranno quindi utili presidi terapeutici
della alopecia areata gli ipnoinducenti, gli ansiolitici, gli
antidepressivi, gli antiallucinatori e talvolta la psicoterapia.

La terapia farmacologica con corticosteroidi locali ci
sembra utile, sia che questi vengano somministrati topicamente
con medicazione aperta, sia che si voglia ricorrere alla terapia
occlusiva, sia che si preferisca la terapia iniettiva intralesionale.
Una infiltrazione di triamcinolone alla concentrazione dello 0,5
– 1 mg/ml in una chiazza alopecica da risultati positivi nel 95%
dei casi, questi potranno essere seguiti da recidiva se contemporaneamente
il “male psichico” che accompagna l’alopecia non è
stato adeguatamente affrontato.

Anche la PUVA terapia si è dimostrata efficace ma
è sicuramente scomoda per il paziente e spesso economicamente
troppo onerosa. Un soggiorno marino è comunque spesso possibile
consigliarlo e questo si dimostra spesso utile sia per l’elioterapia
naturale, inevitabilmente connessa, che per il riposo. E’ comunque
comune osservare la risoluzione di forme anche gravi durante le
vacanze estive come la recidiva nei periodi invernali.

Si è dimostrato anche utile l’uso prudente di catrame
medicale, ad azione fotosensibilizzate, in pomata o in stick durante
il soggiorno marino o semplicemente durante la stagione estiva.
L’antralina topica, alla concentrazione dello 0,1 – 0,5%, utilizzata
durante le ore notturne e lavata al mattino è una delle
terapie più adatte al trattamento della alopecia areata
in età pediatrica in quanto scevra da effetti collaterali
importanti, eccetto l’inevitabile irritazione.

Le terapie sensibilizzanti ed immunostimolanti possono
essere efficaci nelle forme più gravi e di lunga durata.
Si utilizzano sostanze ad elevata capacità sensibilizzante
allo scopo di indurre una dermatite allergica da contatto sul
cuoio capelluto affetto da alopecia. Anche se il reale meccanismo
di azione di queste terapie è discusso si ritiene che l’immunostimolazione
locale possa agire attraverso due possibili vie: da un lato un
nuovo antigene artificialmente fornito può competere con
l’antigene ancora sconosciuto che causa la malattia, “distraendo”
la risposta immunitaria; dall’altro una immunostimolazione protratta
può determinare indirettamente la produzione di linfociti
T suppressor che contrastano la risposta immunitaria follicolare
(Happle R.). Storicamente la prima sostanza utilizzata è
stata il dinitroclorobenzene (DNCB), poi abbandonato per le sue
proprietà mutagene. Oggi viene usato il dibutilestere dell’acido
squarico (SADBE) ed il difenilciclopropenone (DFC) che rispondono
ai requisiti necessari; cioè sono apteni in grado di sensibilizzare
praticamente la totalità degli individui esposti, non sono
presenti nell’ambiente, non sono mutageni. La sensibilizzazione
viene indotta applicando la sostanza scelta per 48 ore (2% in
acetone) con un cerotto da patch test a contatto della cute del
paziente e dopo 3 settimane si comincia ad applicarla a scopo
terapeutico ad una concentrazione sufficiente a determinare una
lieve dermatite da contatto.

Recentemente si è usato, nelle forme gravi di alopecia
areata, la ciclosporina A. Questa si è dimostrata
di efficacia discutibile solo a dosaggi relativamente alti per
via sistemica, completamente inefficace per via topica. Il razionale
di questa terapia risiede nella capacità della ciclosporina
di indurre il rilascio di linfochine dai linfociti T e/o di bloccare
la reazione autoimmune che sarebbe alla base della malattia.

Qualunque sia la terapia scelta per un alopecia areata grave questa
dovrà comunque essere protratta per un tempo lungo (almeno
un anno o più) prima di poterne decretare l’inutilità
e purtroppo non esiste alcun criterio sicuro che ci permetta di
predire se il paziente ne trarrà beneficio. Esistono anche
pazienti “non-responders” nei quali ogni accanimento
terapeutico è del tutto frustrante.

Personalmente riteniamo che l’alopecia areata sia in qualche modo
psico-determinata e che ogni terapia, per quanto corretta e bene
impostata, sia destinata al fallimento, se prima non si è
riusciti a risolvere o a “rimuoverne” la causa condizionante.

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