Carcinoma Vescicale

 

Il carcinoma della vescica costituisce il quarto tumore per incidenza nella popolazione maschile. Sono fattori di rischio riconosciuti per il cancro vescicale il fumo di sigaretta e l´esposizione a coloranti derivati o contenenti anilina.
Alcuni dati suggeriscono che la sospensione del fumo migliori la prognosi della malattia nei fumatori.
Il carcinoma vescicale origina nel 95% dei casi dalla mucosa uroteliale.
Il tumore vescicale è spesso asintomatico.
Un recente studio inglese ha mostrato che lo screening per il cancro vescicale con la presenza di tracce di sangue microscopiche nell´ esame delle urine (microematuria) migliora la sopravvivenza al tumore (dall´80% al 100%) nella popolazione sottoposta a screening.
Quando è presente microematuria, la possibile incidenza di tumori delle vie urinarie varia dallo 0.5 al 10.5%, con una media del 3%. La presenza di sangue visibile nelle urine è un sintomo che deve essere indagato fino a scoprirne la causa. L´insorgenza a alcune settimane o mesi di urgenza minzionale (il bisogno improvviso di urinare con impellenza) deve sempre far sospettare la possibilità di un tumore che irrita la vescica.
In questi casi lo studio microscopico delle cellule contenute nelle urine (citologia urinaria) può indirizzare la diagnosi.
Il primo approccio ad una ematuria è spesso l´ecografia dei reni e della vescica. Ove l´esame confermi il dubbio di un tumore vescicale oppure non sia diagnostico, è corretto procedere ad una cistoscopia. La cistoscopia consente di visualizzare il canale uretrale e la vescica con una fibra ottica; si tratta di un esame ben tollerato, eseguito ambulatorialmente. E´ bene escludere la presenza di una infezione urinaria eseguendo una urinocoltura prima della procedura, per evitare il rischio di peggiorare l´infezione.
Una volta fatta la diagnosi di carcinoma della vescica, può essere utile eseguire una TAC addome e pelvi con mezzo di contrasto

soprattutto se si tratta di una prima diagnosi. Infatti nel 2-5% dei casi può essere associato un tumore delle vie escretrici del rene o del uretere. La TAC è inoltre indicata nei casi con idronefrosi dilatazione renale) o nel sospetto di neoplasia estesa

Il primo approccio al carcinoma vescicale è una resezione transuretrale della vescica (TURB, da Transurethral Resection of the Bladder). L’intevento viene eseguito in genere con anestesia peridurale. Con uno strumento a fibre ottiche introdotto nel canale uretrale si procede ad asportazione con un microbisturi di tutta la malattia visibile

In genere è necessario mantenere un catetere con lavaggio vescicale a dimora per 1-5 giorni, a seconda della profondità di resezione, e del numero e l´estensione delle lesioni vescicali.
L´intervento consente di ottenere una stadiazione accurata della malattia. Nel carcinoma vescicale la prognosi ed il trattamento sono molto differenti a seconda che si tratti di un tumore superficiale (limitato alla mucosa e/o alla sottomucosa) o che sia un tumore infiltrante (che penetra nello spessore muscolare della parete)

Stadiazione del carcinoma vescicale

T0 Non evidenza di malattia
Tx Materiale non sufficiente alla diagnosi
Tis Carcinoma in situ (lesione microscopica, ma molto aggressiva)

Superficiale
Ta Non infiltra la tonaca sottomucosa
T1 Infiltra la tonaca sottomucosa

Infiltrante
T2a Infiltra la prima metà della tonaca muscolare
T2b Infiltra la seconda metà della tonaca muscolare
T3a Infiltra microscopicamente il grasso peri-vescicale
T3b Infiltra macroscopicamente il grasso peri-vescicale
T4a Infiltra gli organi vicini
T4b Infiltra la parete pelvica e/o addominale

G1 Tumore ben differenziato
G2 Tumore mediamente differenziato
G3 Tumore scarsamente differenziato

Nel caso dei tumori vescicali superficiali (Ta, T1), che costituiscono il 75-80% di tutti i tumori alla diagnosi, la prognosi è spesso buona, in quanto si tratta di tumori che raramente tendono a divenire infiltranti (15% dei casi) o a dare metastasi a distanza.
Nel casi della resezione di un tumore superficiale T1, soprattutto di alto grado (G2-3), è consigliato eseguire una seconda resezione a 2-3 settimane dalla prima. Infatti non solo anche in mani esperte alla seconda resezione può essere presente malattia residua fino al 40% dei casi, ma anche se non c´è malattia residua questa seconda resezone sembrerebbe comunque migliorare la prognosi.
Nei tumori vescicali superficiali la resezione endoscopica si considera stadiante e terapeutica.
Il tasso di recidiva locale dei tumori può essere alto, fino al 50%. Infatti, si tratta spesso di un tumore multifocale, in cui il tumore resecato in una sede può ripresentarsi a distanza in un´altra porzione della vescica. Per questo spesso dopo la resezione è spesso necessario procedere a delle instillazioni vescicali. Si tratta dell´introduzione (in genere settimanale, per 6-8 settimane) di una sostanza in vescica traverso un piccolo catetere pediatrico. Il farmaco utilizzato può essere un chemioterapico (Mitomicina, Epirubicina, Farmorubicina, più recentemente Gemcitabina) o un immunostimolante (BCG, Bacillus Calmette-Guerin).
La chemioterapia locale non comporta gli stessi effetti collaterali di una chemioterapia sistemica per via endovenosa, in quanto la superficie vescicale assorbe poco e quindi l´azione del farmaco si espleta solo localmente. La chemioterapia locale diminuisce il rischio di recidive, anche se non sembra poter ridurre a distanza di tempo il rischio di progressione a malattia infiltrante. Studi recenti suggeriscono che il primo ciclo di chemioterapia possa essere sostituito da una unica somministrazione endovescicale, eseguita immediatamente dopo l´intervento endoscopico, entro le 24 ore e possibilmente entro le prime 2-3 ore. Approssimativamente tutti i chemioterapici si equivalgono come efficacia d´azione, sebbene i risultati della Gemcitabina siano molto promettenti.
Nelle forme superficiali più aggressive, di alto grado o recidive, si preferisce utilizzare l´immunoterapia locale con BCG. Si tratta di un bacillo tubercolare vivo, ma attenuato, utilizzato per la vaccinazione tubercolare. Al momento si tratta del più efficace farmaco per instillazioni vescicali conosciuto. Agisce soprattutto su tumori ad alto rischio di recidiva e progressione (G3, Carcinoma in Situ).
Le reazioni indesiderate sono però maggiori con l´uso del BCG, e comprendono la possibilità di febbre, disturbi irritativi vescicali, ematuria, e molto raramente la comparsa di una tubercolosi delle vie urinarie o generalizzata.
Sia con l´uso del BCG che con la chemioterapia locale per instillazioni, è provato dalla letteratura che dei cicli di richiamo (mantenimento) a regolari intervalli di tempo dal ciclo iniziale migliorano i risultati della terapia.
Particolare attenzione meritano i tumori superficiali di alto grado che infiltrano la sottomucosa (G3T1). Tali tumori se trattati con sola resezione transuretrale comportano un rischi di progressione a malattia infiltrante la muscolare nel 50% dei casi. Il trattamento con BCG endovescicale riduce questo rischo fino a soltanto il 10-20%, a seconda delle casistiche.
I pazienti affetti da un carcinoma vescicale superficiale trattato endoscopicamente devono sottoporsi a controlli periodici, con cistoscopia ogni tre mesi per i primi 2 anni, ogni sei mesi dal terzo al quinto anno, e successivamente una volta all´anno. A tutt´oggi nessun esame ha mostrato una sensibilità pari alla cistoscopia nell´evidenziare recidive di malattia.
La malattia infiltrante la muscolare richiede invece un intervento a cielo aperto, con l´asportazione chirurgica di tutta la vescica, assieme alla prostata nel maschio (cistectomia radicale). L´intervento prevede inoltre l´asportazione estesa di tutti i linfonodi regionali: tale procedura sembra infatti migliorare la sopravvivenza dalla malattia. L´intervento richiede poi una derivazione urinaria, cioè la possibilità di espellere le urine dal nostro corpo una volta che la vescica è stata asportata. Nella maggior parte dei pazienti è possibile ricostruire la vescica con un tratto di 30-60 cm di intestino che viene isolato, aperto, e riconfigurato in forma sferica. A questo nuovo serbatoio vengono suturati gli ureteri. Si crea quindi una sutura tra la nuova vescica (neovescica) ed il moncone uretrale residuo. L´intervento consente di restituire la normale percezione corporea ed una minzione attraverso l´uretra. Tuttavia nel 25-30% dei casi si verificano fughe notturne di urina, e la giunzione tra gli ureteri e la nuova vescica enterica può restringersi (stenosi) nel 5-15% dei casi, con possibile danno della funzione renale e necessità di reintervento. Nella donna esiste inoltre il rischio di una neovescica che tende a sovradistendersi, aumentando di capacità e portando alla ritenzione cronica.
Nel caso di pazienti in condizioni generali molto scadute, con funzione renale danneggiata, o con malattia che raggiunge la prostata, la derivazione con neovescica è controindicata e si deve ricorrere ad una derivazione incontinente, il condotto ileale. Viene isolata un´ansa più breve di intestino tenue preterminale, a cui da un lato vengono suturati gli ureteri. L´altro estremo dell´ansa è suturato direttamente alla cute. In tal modo non esistono meccanismi di continenza, e le urine escono continuamente all´esterno dall´ansa, e vengono raccolte in una sacca applicata alla stomia cutanea mediante una placca adesiva. Sebbene esteticamente meno attraente, questa derivazione ha un rischio decisamente minore di complicanze.
Per evitare il disagio della stomia cutanea incontinente, e quando non sia possibile utilizzare l´uretra per la continenza della neovescica, si può ricorrere a meccanismi di continenza alternativi, come l´utilizzo di brevi tratti di intestino riconfigurati, dell´appendice, o della valvola ileo-cecale rinfiorzata. Tuttavia non sempre questi meccanismi artificiali di continenza sono perfettamente efficienti.
Da 2-3 anni si sta diffondendo in centri specializzati la cistectomia laparoscopica. Come per la prostatectomia radicale laparoscopica, l´intervento viene effettuato praticando un piccolo foro sull´addome, che viene disteso con anidride carbonica. Successivamente attraverso altri fori (porte) vengono introdotti strumenti miniaturizzati, che vengono mossi all´interno del corpo guidati da un microcamera. Una volta ultimata la parte demolitiva, si pratica una incisione addominale di 7-8 cm da cui viene estratta la vescica e viene effettuata la parte ricostruttiva. La metodica non è ancora da considerare un intervento standard, ma può essere effettuata in centri specializzati in laparoscopia urologica.
A cinque anni dalla cistectomia il 50% dei pazienti nelle casistiche più datate, ma fino all´80% nelle casistiche più recenti sopravvive al tumore.
In pazienti ad alto rischio operatorio, o che rifiutino la chirurgia, o in pazienti molto motivati e selezionati ( con una singola lesione tumorale, che risulti negativa ad una seconda resezione endoscopica), si può applicare un protocollo non invasivo con il risparmio della vescica mediante un approccio combinato di chemioterapia sistemica e radioterapia. Con questa modalità multidisciplinare circa il 50% dei pazienti così selezionati sopravvivono a 5 anni, e circa il 40-60% di questi riescono a conservare la vescica. Anche in questo caso, è bene ricordare che non si tratta di una terapia standard, ma considerata ancora sperimentale.
Nei casi di malattia ormai con metastasi a distanza (ossa, fegato, polmone) i protocolli chemioterapici moderni consentono un prolungamento della sopravvivenza, ma comunque la prognosi è estremamente grave e la maggior parte di questi pazienti non sopravvive a tre anni.

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