La sindrome da anticorpi antifosfolipidi

COS’E’ LA SINDROME DA ANTIFOSFOLIPIDI?

La sindrome da antifosfolipidi è una malattia caratterizzata da episodi di trombosi (formazione di coaguli all’interno dei vasi sanguigni), perdita fetale ricorrente (aborti) e piastrinopenia (quantità ridotta di piastrine nel sangue), causati da un gruppo di autoanticorpi (anticorpi diretti contro componenti del tessuto dell’individuo che lo produce) chiamati anticorpi antifosfolipidi. Si ritiene che questi anticorpi interferiscano con la coagulazione causando vari sintomi, conseguenza di trombosi in ogni parte del corpo.

Il sistema immunitario normalmente produce anticorpi contro materiale estraneo come batteri, virus e altre proteine. In alcuni individui, un funzionamento improprio del sistema immunitario causa la produzione di autoanticorpi, con la conseguente insorgenza di malattie autoimmuni. La sindrome da antifosfolipidi (APS) è, dunque, una malattia autoimmune. Ne sono conosciute due forme: 1) APS primaria, in individui con nessun altro apparente disordine autoimmune 2) APS secondaria, in associazione con un’ altra malattia autoimmune, per lo più lupus eritematoso sistemico (LES).

L’APS è stata in origine riscontrata in persone affette da LES, e si pensava che si manifestasse soprattutto in questi pazienti. Oggi si sa che molti pazienti con APS non hanno LES.

Gli anticorpi antifosfolipidi sono ricercati mediante due metodiche.

1) Test per il lupus anticoagulante.

Si tratta di esami per individuare anticorpi che interferiscono con il sistema di coagulazione. Sono frequentemente utilizzati il ‘tempo parziale di tromboplastina attivata’ (APTT), il ‘tempo di veleno di vipera Russel diluito’ (DRVVT) e il ‘tempo di coagulazione al caolino’ (KCT). Una combinazione di questi esami ed esami di conferma sono usati per verificare la presenza di anticorpi antifosfolipidi.

2) Test immunoenzimatico per gli anticardiolipina.

Questo è un esame che individua gli anticorpi diretti verso la cardiolipina. E’ abbastanza affidabile e facile da eseguirsi ed è oggi largamente applicato. Misurate più di frequente sono le classi IgG e IgM degli anticorpi anticardiolipina. La classe IgA degli anticardiolipina e gli anticorpi contro altri fosfolipidi possono essere misurati in alcuni casi. Il titolo (la quantità nel sangue) di questi anticorpi non è necessariamente correlato con il rischio di trombosi.

Gli esami per il lupus anticoagulante e quelli immunoenzimatici per gli anticorpi anticardiolipina sono analoghi, ma non del tutto equivalenti. Di conseguenza è importante che siano utilizzati entrambi i metodi se si sospetta che una persona sia affetta da APS.

La sindrome da antifosfolipidi è stata descritta per la prima volta nel 1983. Originariamente si pensava che gli anticorpi trovati nei pazienti con APS fossero diretti contro i fosfolipidi, specialmente la cardiolipina; da qui i termini ‘anticorpi antifosfolipidi’ e ‘sindrome da antifosfolipidi’. Recenti ricerche hanno rivelato che questi anticorpi sono, in realtà, diretti contro proteine del plasma legate ai fosfolipidi come la cardiolipina. La più conosciuta ed importante di queste proteine plasmatiche è chiamata beta2-glicoproteina I. I termini anticorpi antifosfolipidi e anticorpi anticardiolipina sono quindi impropri; in modo più preciso si dovrebbe parlare di anticorpi anti-beta2-glicoproteina I, o anticorpi anti-proteine associate ai fosfolipidi. La beta2-glicoproteina I è conosciuta per il suo ruolo nella coagulazione del sangue e nel metabolismo lipidico e si sta attualmente studiando la sua funzione precisa.

La patogenesi (perché e come accade) della sindrome da antifosfolipidi non è ancora chiaramente compresa. Molti scienziati e medici stanno lavorando in questo senso e per trovare terapie appropriate.

Alcuni individui possono presentare anticorpi diretti contro la cardiolipina ‘nativa’ e cioè anticorpi che si legano alla sola cardiolipina, senza l’intervento di proteine del plasma. Questi anticorpi antifosfolipidi ‘veri’ sono in genere evidenziati in pazienti in corso di infezioni. E’ importante distinguere tra anticorpi antifosfolipidi trovati in persone con APS ed i ‘veri’ anticorpi anticardiolipina, perché nel secondo caso essi non rappresentano un fattore di rischio per trombosi o aborti e non sono associati all’APS.

QUANDO E’ DIAGNOSTICATA LA SINDROME DA ANTIFOSFOLIPIDI

I pazienti con APS possono andare incontro a trombosi in quasi tutte le parti del corpo. I sintomi riscontrati più di frequente sono trombosi venose profonde nelle estremità inferiori, embolia polmonare, infarto cerebrale (ictus) e infarto del miocardio (attacco di cuore). Gli aborti sono ritenuti essere conseguenza di trombosi della placenta. A volte è presente piastrinopenia, ma in genere di entità modesta.

Si fa diagnosi di APS quando una persona ha almeno un episodio trombotico, aborti ricorrenti o piastrinopenia ed è positivo uno qualsiasi dei test descritti. La sindrome spesso coesiste con malattie del collagene, ma è importante verificare la presenza di APS anche in persone che hanno avuto trombosi, aborti o piastrinopenia senza ragione apparente. Alcuni segnalano la presenza frequente di anticorpi antifosfolipidi in giovani sopravvissuti ad attacchi di cuore o ictus.

L’incidenza della sindrome nella popolazione generale non è ben conosciuta.

COME SI CURA LA SINDROME DA ANTIFOSFOLIPIDI

Se in una persona si riscontra positività per anticorpi antifosfolipidi, ma non ci sono precedenti di trombosi o aborti, la maggior parte dei medici raccomanderà controlli periodici senza alcuna prescrizione di farmaci. Potrebbero esserci eccezioni, per cui è necessaria un’attenta discussione con il medico. Se c’è stato un episodio di trombosi, in genere viene intrapresa terapia anticoagulante (farmaci per evitare la coagulazione del sangue). Le sostanze più usate sono:

1) Aspirina. Questo farmaco è relativamente sicuro, ma il suo effetto è abbastanza limitato.

2) Warfarina. Questo farmaco ha un potente effetto anticoagulante ed è il prodotto di elezione in molti casi. Comunque, l’azione anticoagulante differisce considerevolmente per ogni individuo, quindi è necessario un monitoraggio accurato durante la sua assunzione. Inoltre, possono comparire seri effetti collaterali, tra i quali la tendenza al sanguinamento. E’ possibile diminuire in modo significativo il rischio di trombosi controllandone l’uso in modo corretto con un medico esperto.

3) Eparina. Anche questo farmaco diminuisce significativamente il rischio di trombosi in pazienti con APS. Tuttavia esso richiede un’iniezione sottocutanea una o due volte al giorno ed è necessario un controllo rigoroso degli effetti.

In casi eccezionali potrebbero essere indicati corticosteroidi o immunosoppressori per abbassare il titolo degli anticorpi antifosfolipidi.

GRAVIDANZA E ANTIFOSFOLIPIDI

Se una persona con APS entra in gravidanza, è necessaria una attenta osservazione da parte di un ostetrico, insieme con una sorveglianza reumatologica o immunologica. Nel caso non abbia avuto aborti precedenti, può non essere indicata alcuna cura. A volte si prescrive aspirina. Se invece è presente una storia di aborti, la terapia anticoagulante è consigliata di frequente, la maggior parte delle volte con aspirina o eparina. Questi farmaci sono efficaci in molti casi e sono ritenuti a rischio relativamente basso per il feto. In alcune circostanze può essere presa in considerazione una terapia con cortisone o immunoglobuline endovena. I corticosteroidi sono stati usati spesso, ma recentemente il loro utilizzo sta diminuendo a causa degli effetti secondari, quali ipertensione, diabete mellito, osteoporosi e iperlipidemia. Potrebbero ancora essere indicati in alcuni casi, come in quelli nei quali è necessario controllare un eventuale LES di base.

Alcuni dei farmaci usati nell’APS o in altre malattie autoimmuni non sono adatti per l’uso in gravidanza. Quindi, una volta in gravidanza, è necessaria un’immediata consultazione con il medico. In particolare, la warfarina è teratogena (tende a causare malformazioni durante lo sviluppo del feto) e non dovrebbe essere usata da persone che desiderano avere un figlio.

Sebbene si sappia che le pazienti con APS sono ad alto rischio di aborti, per la maggioranza di esse ci sono buone possibilità, con una terapia adeguata, di generare un bambino sano. La terapia può essere diversa da paziente a paziente, dal momento che ognuna ha problemi diversi, e non è stato stabilito un modello unico di cura per le gravidanze complicate da sindrome da antifosfolipidi.

COME VIVERE CON LA SINDROME DA ANTIFOFOLIPIDI

Nella maggior parte dei casi l’APS è una malattia cronica e spesso dura tutta la vita. I pazienti possono di tanto in tanto andare incontro ad episodi trombotici. Di conseguenza, farmaci anticoagulanti sono prescritti per periodi di tempo molto lunghi; a volte per l’intera vita.

Una brusca interruzione di questi farmaci può portare a gravi complicanze, quali ictus o attachi di cuore, quindi è necessario per i pazienti discutere i vantaggi e gli svantaggi della loro assunzione con il proprio medico. In corso di terapia anticoagulante con warfarina è importante evitare forti impatti sulla testa o sul corpo, che potrebbero causare sanguinamenti interni. Si dovrebbero evitare sport come football, calcio e sport a motore.

Come ricordato prima, l’effetto degli anticoagulanti è diverso in ogni individuo e può essere influenzato dall’assunzione di certi cibi. Questi farmaci possono anche causare effetti collaterali, come tendenza al sanguinamento o disfunzioni del fegato. Dovrebbero essere seguite attentamente le raccomandazioni del medico. E’ anche molto importante evitare altri fattori di rischio trombotico, quali fumo, iperlipidemia o contraccettivi orali. In molti casi, una terapia anticoagulante adeguata metterà i pazienti in condizione di condurre una vita soddisfacente e priva di gravi complicazioni.

Le persone affette da questa sindrome dovrebbero presentare almeno un criterio clinico più uno di laboratorio nel corso della loro malattia. Gli esami di laboratorio devono essere positivi in almeno due occasioni distanti tra loro più di tre mesi.

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