Sindrome di Evans

Che Cos’è

La Sindrome di Evans, detta anche Anemia emolitica, è una rara malattia autoimmune scoperta nel 1951 dal medico statunitense R. S. Evans. Colpisce principalmente gli adulti ma si può manifestare a qualsiasi età, perfino nei bambini con meno di 4 anni. Negli adulti la malattia colpisce più spesso le donne (circa il 60%) che gli uomini. Non è una malattia ereditaria e quindi non c’è rischio di trasmissione familiare.

L’ Anemia emolitica é una malattia del sangue caratterizzata da una diminuzione anomala del numero dei globuli rossi (detti anche eritrociti) e di emoglobina, che si traduce in anemia. Tra i pazienti affetti, la durata della vita dei globuli rossi in circolazione, che normalmente è 120 giorni, è chiaramente ridotta. La distruzione accelerata dei globuli rossi (emolisi) è dovuta alla presenza anomala di anticorpi specifici nel sangue del paziente (prodotti dal sistema immunitario). Questi anticorpi sono detti “auto-anticorpi”, perché sono diretti contro i globuli rossi del paziente stesso. A causa del comportamento di questi ” auto-anticorpi” è chiamata Anemia emolitica “autoimmune”.

Le Cause

In questa patologia il sistema immunitario, che normalmente ha la funzione essenziale di difendere l’organismo nei confronti di sollecitazioni esterne (batteri, virus, …) si “sconvolge”, producendo anormalmente anticorpi contro l’organismo della persona interessata. I globuli rossi infatti sono attaccati e indeboliti dalla presenza degli auto- anticorpi.

A parte rari casi in cui determinati fattori scatenanti possono essere identificati (come ad esempio un’infezione virale o alcuni medicinali), le cause esatte della Sindrome di Evans non sono note. Negli adulti, in circa la metà dei casi, può essere associata ad altre malattie autoimmuni (es. lupus), o alla moltiplicazione anomala delle cellule dei linfonodi, chiamato linfoma. Nei bambini è a volte associata a uno stato di indebolimento del sistema immunitario (immunodeficienza).
Circa la metà dei casi dell’Anemia emolitica è associata a un’altra malattia.

Tipi di Anemia Emolitica

A seconda del tipo e delle caratteristiche degli auto-anticorpi coinvolti, ci sono due tipi di Anemia emolitica autoimmune:

  • l’anemia emolitica autoimmune ad anticorpi detti “caldi” attivi a una temperatura compresa tra i 37 e i 40°C. Questa è la più comune (circa il 70% dei casi);
  • l’anemia emolitica autoimmune ad anticorpi detti “freddi” attivi a temperature inferiori ai 30°C. La “Malattia delle agglutinine fredde” è la forma più frequente di Anemia emolitica autoimmune ad anticorpi “freddi”.

I Sintomi

Questa malattia provoca due grandi tipi di manifestazioni:

  • manifestazioni legate alla diminuzione della quantità di globuli rossi nel sangue (anemia), che comporta affanno per piccoli sforzi, pallore, affaticamento generale, palpitazioni e a volte mal di testa e difficoltà nell’eseguire le ordinarie attività quotidiane (scuola, lavoro, sport o tempo libero);
  • manifestazioni relative a un aumento della distruzione dei globuli rossi (emolisi) con l’ingiallimento della pelle e/o della congiuntiva (bianco dell’occhio), chiamato ittero, e le urine che a volte possono essere molto scure (rosso/marrone).

Quindi gli auto-anticorpi causano l’emolisi. L’emoglobina, una proteina nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno in tutto il corpo, è annientata e ciò spiega sia l’anemia (senza emoglobina, il sangue non può trasportare l’ossigeno provocando eventi sopra descritti), ittero e urine scure. Infatti, l’emoglobina viene rapidamente convertita in bilirubina, un pigmento giallo-marrone, e questa bilirubina libera si accumula nel sangue colorando la pelle e gli occhi e sarà responsabile dell’ittero.

Evoluzione

A parte rari casi di Anemia emolitica in seguito a un’infezione o all’assunzione di un farmaco che può guarire in fretta, di solito si ha una evoluzione su più mesi o anni.

La Diagnosi

La diagnosi si basa su tre fasi:

  1. L’identificazione dell’anemia: quando il medico sospetta un’anemia, richiede un semplice esame del sangue chiamato “Emocromo” (CBC) per confermare il calo della quantità di globuli rossi nel sangue. Viene anche calcolato il tasso di emoglobina nel sangue, che normalmente è compreso in età adulta tra 11 – 15 g / dL (grammi per decilitro) nelle donne e 12 – 16 g / dL negli uomini. Con l’Anemia emolitica, questo tasso può scendere bruscamente, in modo rapido o notevole, anche in misura inferiore a 5 g / dL.
  2. L’esistenza di una distruzione accelerata dei globuli rossi (emolisi) è confermata da altri esami del sangue (test di LDH, bilirubina, aptoglobina) e anche dalla conta dei reticolociti (cellule sanguigne corrispondenti a giovani formazioni di globuli rossi). Tutti questi esami sono eseguiti con un semplice prelievo del sangue.
  3. La presenza di auto-anticorpi diretti contro i globuli rossi si individua con un esame del sangue semplice e veloce, chiamato test dell’antiglobulina o test di Coombs. Se il test è positivo e non ci sono altre cause identificabile di anemia, la diagnosi della Sindrome di Evans è confermata.

Esami Aggiuntivi

La diagnosi si basa esclusivamente su esami del sangue relativamente semplici. Una volta confermata la diagnosi e il tipo specifico (auto-anticorpi “caldi” o “freddi”), un certo numero di esami può essere richiesto dallo specialista in cerca di una malattia associata all’Anemia emolitica: Tac (CT o TC) del torace e/o dell’addome alla ricerca di linfonodi; biopsia del midollo osseo (prelievo effettuato al livello delle ossa del bacino in anestesia locale), ricerca di altri tipi di auto-anticorpi (anticorpi anti-nucleo..) con un prelievo di sangue; dosaggio delle gammaglobuline e ricerca, attraverso l’analisi del sangue, di anomalie riconducibili a una riduzione nelle cellule del sistema immunitario; la ricerca di infezioni virali (mononucleosi, l’epatite C …).
Infatti, se c’è una malattia associata (la metà dei casi), può influenzare la natura e la durata del trattamento e/o le modalità di monitoraggio a lungo termine.

Trattamento, Cura e Prevenzione

Nel caso di Anemia emolitica ad auto-anticorpi “caldi” esiste un trattamento che è quasi sempre necessario eseguire. Questo si basa principalmente su farmaci, i corticosteroidi (cortisone o suoi derivati) in compresse. Quando si inizia la cura, nel caso di un’anemia particolarmente marcata, i corticosteroidi in dosi più elevate possono essere somministrati con un’iniezione (per via endovenosa). L’elevata dose iniziale è mantenuta per 4-6 settimane e poi, se il trattamento risulta efficace, le dosi sono progressivamente ridotte per una durata totale del trattamento compreso solitamente tra i 12 e i 18 mesi.

In media, l’80% dei pazienti risponde in modo favorevole al trattamento con corticosteroidi, nei primi giorni o nelle prime settimane, migliorando le condizioni generali della persona, riducendo la fatica e le altre manifestazioni di anemia. Nei casi in cui non sia efficace, possono essere indicati altri trattamenti (danazolo e/o immunosoppressori) a seconda dei casi. Alcune importanti misure devono essere associate alla terapia con corticosteroidi (prevenzione dell’osteoporosi, l’assunzione di potassio, una dieta e uno stile di vita sano…) per diminuire il rischio di effetti indesiderati correlati al trattamento.

Le trasfusioni di sangue possono essere necessarie quando l’anemia è particolarmente forte e poco tollerata e il paziente è in attesa dell’efficacia del trattamento farmacologico.

In caso di recidiva dopo una buona risposta iniziale o non è possibile interrompere il trattamento senza una ricaduta, ci sono altre opzioni terapeutiche. Il trattamento con rituximab può essere proposto in questo stadio. Il farmaco, somministrato per via endovenosa, mira direttamente le cellule immunitarie (linfociti B) responsabili della produzione di auto-anticorpi e può contribuire a fermare la distruzione dei globuli rossi. L’azione di rituximab è abbastanza veloce con un miglioramento dalle 8 alle 10 settimane dopo l’assunzione. Altri trattamenti immunosoppressori possono essere considerati, anche se espongono la persona a un forte rischio di infezioni. Può anche essere proposto di togliere la milza con un intervento chirurgico (splenectomia), che può curare dal 50% al 60% dei pazienti. Infatti, una delle normali funzioni della milza è quella di rimuovere i globuli rossi che completano il loro ciclo di vita. Questa attività è aumentata in caso di emolisi, e ciò spiega il fatto che rimuovendo la milza si limita la distruzione dei globuli rossi.

Nel caso particolare della “malattia da agglutinine fredde”, l’anemia è generalmente lieve e delle semplici misure di protezione nei confronti del freddo (indossare guanti e indumenti caldi in inverno …), generalmente permettono di evitare un’eccessiva anemia. Occasionalmente, nei casi di anemia più marcata, le trasfusioni di globuli rossi possono essere necessari, soprattutto tra gli anziani. A differenza dell’anemia ad auto-anticorpi “caldi”, i corticosteroidi e la splenectomia sono inefficaci e il trattamento con altri farmaci (immunosoppressori) sono adottati nelle forme più gravi. Rituximab può essere indicato in alcuni casi.

In tutti i tipi di Anemia emolitica, l’uso regolare di “folati” (vitamina B9) è utile per facilitare una rapida produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo.

I rischi del trattamento

I corticosteroidi sono efficaci, ma una loro prolungata somministrazione (dai 12 ai 18 mesi almeno) espone a numerosi potenziali effetti collaterali. Nonostante questi effetti collaterali, è importante notare che la scelta del trattamento dipende da una valutazione accurata dei bisogni della persona interessata. Il medico determina con precisione le dosi da somministrare per migliorare le condizioni del paziente, senza sottoporlo a troppi effetti collaterali.
Il trattamento deve quindi essere attentamente monitorato e non deve mai essere interrotto bruscamente o senza consulenza medica. Il medico controlla specialmente il peso, la pressione arteriosa e prescrivere gli esami del sangue per monitorare, tra le altre cose, il livello di zucchero nel sangue (glucosio).

I più comuni effetti collaterali dei corticosteroidi sono un possibile aumento di peso con gonfiore del viso e del busto superiore, disturbi del sonno e/o dello stato d’animo (umore, comportamento), aumento della pressione sanguigna (ipertensione), perdita di minerali (demineralizzazione) contenuti nelle ossa (osteoporosi), glicemia alta con il rischio di sviluppare il diabete.
La maggior parte di questi effetti si possono, almeno in parte, prevenire o correggere (seguire le istruzioni del medico per uno stile di vita e una dieta sana, assumere vitamina D e calcio, seguire un trattamento per la pressione alta…) e scompaiono dopo la sospensione del trattamento. Si noti inoltre che i corticosteroidi, indeboliscono globalmente il sistema immunitario del corpo, aumentando il rischio di infezioni.

La terapia immunosoppressiva è accompagnata da una diminuzione di tutte le difese contro le infezioni. Allo stesso modo, se si può vivere abbastanza normalmente senza milza, la splenectomia porta ad un aumentato rischio di sviluppare alcuni tipi di infezioni. Per precauzione, alcune vaccinazioni devono essere eseguite prima dell’intervento chirurgico e ripetute ogni 5 anni e il trattamento antibiotico con penicillina V è di solito raccomandato entro 2 anni dopo l’intervento chirurgico.

Le conseguenze di un trattamento quotidiano per la vita

L’imprevedibilità dell’avanzamento della malattia e la lunga durata dei trattamenti possono disturbare la vita quotidiana del paziente. Il trattamento con corticosteroidi e i suoi potenziali effetti collaterali impongono di rispettare una serie di regole alimentari e di stile di vita che potrebbero essere vincolanti su base giornaliera: dieta priva di sale, dieta a basso contenuto di zuccheri ad assorbimento veloce, etc.

Anche alcuni effetti collaterali di corticosteroidi (cambiamento di umore e/o comportamento, a volte con una tendenza all’irritabilità e/o insonnia, stimolo dell’appetito rendendo più difficile la dieta, ritenzione idrica che provoca l’aumento di peso) possono essere mal vissuti.
L’insieme degli svantaggi di assumere corticosteroidi, tra cui i disturbi psichici, tendono a diminuire rapidamente quando la dose è più bassa e a regredire nel tempo con l’arresto del trattamento.

Il sostegno psicologico

In alcune persone, l’ansia associata alla malattia e/o ai disturbi psichici indotti da corticosteroidi, può richiedere una consulenza psicologica se i pazienti ne sentono il bisogno. La fatica associata all’anemia, l’imprevedibilità degli attacchi di emolisi, i vincoli e i rischi connessi al trattamento e la potenziale evoluzione della malattia può incidere sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.

Vivere con la Sindrome di Evans

L’anemia può comportare una stato di affaticamento che rende difficile esercitare l’attività lavorativa, o un normale percorso scolastico, per i bambini. Se l’assenza da lavoro è prolungata può essere necessaria una reintegrazione professionale. Per quanto riguarda i bambini, quando non sono in grado di frequentare la scuola, può essere fornito un’insegnante a domicilio. L’attività sportiva può essere ripresa gradualmente solo quando l’anemia viene stabilizzata dal trattamento.
L’impatto sulla vita familiare e sociale sono essenzialmente correlati, per i pazienti a cui vengono somministrati corticosteroidi, alla necessità o meno di cambiare abitudini alimentari per soddisfare il piano consigliato dal medico.

Informazioni utili in caso di urgenza

E ‘importante informare il personale infermieristico e medico del trattamento in corso per la Sindrome di Evans (inclusi i corticosteroidi) per evitare possibili interazioni farmacologiche. Occorre comunicare i dati del proprio medico specialista in modo che i medici che prendono in carico l’emergenza possono ottenere ulteriori informazioni sulla malattia e il trattamento. In caso di urgenza, è particolarmente importante che i corticosteroidi non siano interrotti bruscamente. Si ricorda che in caso di febbre è sempre consigliato consultare il medico. Per le persone a cui è stata rimossa la milza (splenectomia), è assolutamente necessario consultare il proprio medico immediatamente e prendere un immediato trattamento antibiotico che è stato precedentemente prescritto dallo specialista.

I sintomi della Sindrome di Evans, sono molto simili ai sintomi dell’ ALPS.

In Francia l’Autorità Sanitaria, dato l’incidenza di circa 600 nuovi casi ogni anno, ha redatto un protocollo nazionale per la diagnosi e la cura della Sindrome di Evans, il cui obiettivo è quello di spiegare agli operatori sanitari francesi il percorso ottimale di gestione e cura di un paziente ricoverato, sia bambino che adulto.

Fonte articolo

http://www.associazioneandrealasi.org/index.php/associazione/sindrome/sindorme_evans

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